Diciottesima lezione: Tempo: tempo prima dimensione dello Spazio.
- Emily Mastrantoni
- 8 feb
- Tempo di lettura: 7 min

Facendoci aiutare dal libro “Thoughts on a paradigm shift; The IT Revolution in Architecture” e dall'articolo "Tempo prima dimensione dello spazio" di Antonino Saggio, andiamo a ripercorrere le argomentazioni che sono state proposte a lezione per ampliare l'argomento.
Questa lezione esplora il concetto di tridimensionalità, invitando gli studenti a riflettere sulla soggettività della percezione spaziale. Lo spazio non è un'entità assoluta, ma un'esperienza che dipende da molteplici variabili, tra cui il tempo, che a sua volta è soggetto a continue trasformazioni storiche.
Il tempo come prima dimensione dello spazio
Il rapporto tra spazio e tempo è centrale nella comprensione della realtà, poiché entrambi sono influenzati da contesti storici, culturali e cognitivi. La percezione del tempo varia profondamente a seconda dell'epoca e del contesto, l'umanità è capace di assimilare velocemente un progresso tecnologico ma, nonostante i numerosi cambiamenti, permane in ogni persona una forma mentis basata sull'insegnamento scolastico. Della natura del tempo: 1) "Il tempo è la prima dimensione dello spazio". Non è affatto una quarta dimensione, ma è proprio l'unico modo di descrivere uno spazio. Ponendoci in una situazione limite, spiega Saggio nel libro, immaginiamo di vivere costretti in un binario in uno spazio a una sola dimensione. Secondo questa ipotesi, il modo di conoscere questo spazio lineare può avvenire solo percorrendolo. Posso infatti calcolare il tempo da un punto ad un altro del binario ed è proprio questo "intervallo" ciò che permette di descrivere questa condizione spaziale! 2)"Lo spazio è un intervallo percorribile" Come già sopracitato, il tempo è la prima dimensione conoscitiva e descrittiva dello spazio. Con l'aggiunta quindi di una dimensione crea una nuova forma di spazio che è percorribile e, la sua dimensione minima è la linea. 3) "Punto è ciò che non ha spazio, nè tempo" Ampliando il primo postulato di Euclide (il punto è ciò che non ha parti) possiamo dire che lo spazio e il tempo si generano insieme e sono governati da una relazione nota, la velocità della luce. Come faccio a percepire però una figura a tre dimensioni se vivo in un mondo a due? Per spiegare questo concetto Saggio introduce un altro esperimento. " Immaginiamo di vivere in un mondo a due dimensioni, come se fossimo personaggi su un foglio di carta. In questo universo, possiamo muoverci avanti, indietro, a destra ea sinistra, ma non abbiamo alcuna percezione della terza dimensione (l'alto e il basso). Ora, supponiamo che una sfera tridimensionale venga fatta passare attraverso il nostro mondo bidimensionale, intersecando il piano su cui viviamo.
Quando la sfera tocca per la prima volta il nostro mondo bidimensionale, ciò che vedremmo sarebbe solo un punto: la prima intersezione tra la sfera e il piano. Se la sfera continua a scendere, la sezione visibile nel nostro mondo si allargherà gradualmente, assumendo la forma di un cerchio che cresce sempre di più. Nel nostro universo bidimensionale, vedremmo solo un cerchio che inspiegabilmente cambia dimensione senza una ragione apparente.
Ora aggiungiamo il fattore tempo: se osserviamo la sezione della sfera sul piano nei momenti successivi, noteremo che il cerchio cresce progressivamente. Se non avessimo conoscenza della terza dimensione, potremmo formulare teorie fantasiose per spiegare questo strano fenomeno.
In questo caso è il fattore tempo la chiave (in questo caso il movimento della sfera è l'elemento che può far comprendere l'esistenza di mondi a più dimensioni rispetto a quelli effettivamente sperimentati) 4)"Ogni sistema di riferimento è contenuto da uno superiore" 5) "Da un sistema inferiore si ha proiezione di uno di livello superiore" 6) "Ogni sistema di riferimento è valido al suo interno e ha uno spazio e un tempo autonomo" Per spiegare questi concetti, Saggio propone un altro esperimento.
L'esperimento mentale del foglio curvato aiuta a comprendere come la percezione dello spazio e del tempo sia relativa al sistema di riferimento in cui ci troviamo.
Immaginiamo di avere un foglio di carta perfettamente piatto e di tracciare una linea retta tra due punti, A e B. Se fossimo esseri bidimensionali confinati su questa superficie, percepiremmo quella linea come il percorso più breve tra i due punti. Nel nostro mondo bidimensionale, questa linea non sarebbe solo una connessione spaziale, ma rappresenterebbe anche un intervallo temporale, che possiamo chiamare "T". Per noi, non esisterebbe altro modo di attraversare lo spazio tra A e B se non seguendo questa traiettoria.
Ora proviamo a incurvare il foglio, dapprima leggermente, poi in modo sempre più marcato, fino quasi a far toccare i punti A e B. Se rimanessimo all'interno della nostra realtà bidimensionale, non percepiremmo alcuna variazione sostanziale: continueremmo a credere che la linea curva T sia l'unico e più efficiente collegamento tra i due punti. Il nostro concetto di spazio rimarrebbe invariato e, di conseguenza, anche la nostra idea di tempo non subirebbe modifiche.
Ma cosa accadrebbe se potessimo osservare la situazione da un livello dimensionale superiore, cioè da una prospettiva tridimensionale? Guardando il foglio curvato dall'esterno, noteremmo immediatamente che la traiettoria T non è più la via più breve. Esiste infatti un altro percorso, una nuova linea retta che attraversa lo spazio tridimensionale e connette direttamente A e B, senza dover seguire la curvatura del foglio. Chiamiamo questa nuova linea “t”. A differenza della precedente, essa è più corta e rappresenta un modo più efficiente per collegare i due punti.
Questa scoperta porta ad una conclusione fondamentale: ciò che in un dato sistema di riferimento sembra essere il percorso più breve e il tempo più naturale può risultare diverso se osservato da un altro sistema dimensionale.
Per gli esseri bidimensionali, T era il tempo minimo necessario per percorrere la distanza tra A e B, ma per un osservatore tridimensionale esiste un tempo ancora più breve, associato alla linea t.
Ciò dimostra che spazio e tempo non sono assoluti, ma dipende dal contesto in cui vengono misurati. Ogni sistema di riferimento possiede una propria logica spazio-temporale, che può apparire diversa o persino contraddittoria se vista da un altro punto di vista.
- Del salto.
Il concetto di “salto” è essenziale per poter percepire e comprendere altre dimensioni, ma il suo significato non si limita solo a un ampliamento della visione o della conoscenza razionale.
Il salto rappresenta, soprattutto, l'ingresso in un nuovo sistema di riferimento, uno spazio con regole e valori propri, che ci porta a riconsiderare non solo la nostra percezione del mondo, ma anche le basi stesse su cui costruiamo il nostro pensiero.
In questo contesto, emerge la necessità di esplorare una quarta dimensione, che non deve essere confusa con il tempo, ma che rappresenta un'estensione geometrica dello spazio tridimensionale. Se nello spazio ordinario utilizziamo tre coordinate (x, y, z) per descrivere la posizione di un punto, nella quarta dimensione aggiungiamo una nuova coordinata che espande ulteriormente la nostra comprensione della geometria.
Per immaginare questa espansione, possiamo utilizzare un metodo analogo a quello che ha portato alla concezione delle tre dimensioni. Se partiamo da un punto (che non ha dimensioni) e lo trasliamo, otteniamo una linea (una dimensione). Se trasliamo la linea in una direzione perpendicolare a sé stessa, otteniamo un quadrato (due dimensioni). Traslando il quadrato in una terza direzione perpendicolare, otteniamo un cubo (tre dimensioni). Seguendo questa progressione, possiamo teorizzare la quarta dimensione traslando un cubo in una nuova direzione perpendicolare a tutte e tre le precedenti. Il risultato di questa operazione è un ipercubo, il quale ha sedici vertici, trentadue spigoli e otto celle cubiche.
L'idea di una quarta dimensione geometrica non è nuova ed è stata teorizzata già nell'Ottocento dal matematico Bernhard Riemann. La sua teoria ha aperto le porte a nuove interpretazioni dello spazio, influenzando non solo la matematica, ma anche la fisica e persino l'architettura. Comprendere la quarta dimensione significa abbracciare un nuovo modo di pensare lo spazio e le sue possibili, aprendo la strada a interpretazioni innovative della forma, della struttura e della percezione architettonica. Ma come navigo in questa quarta dimensione? Qui la navigabilità non è più limitata da percorsi lineari, piani o volumi statici. Il vero punto chiave è che in un mondo a quattro dimensioni si può "saltare" da un intero spazio tridimensionale a un altro, cambiando completamente il proprio sistema di riferimento. Il movimento non è più solo una questione di spostamento continuo attraverso le coordinate spaziali, ma diventa una transizione tra diverse realtà tridimensionali.
Questo significa che la navigabilità in quattro dimensioni non si basa su un movimento continuo nello spazio, ma su un passaggio istantaneo tra diversi mondi tridimensionali. E questo salto, come abbiamo visto, non riguarda solo lo spazio, ma anche il tempo. L'esperienza di muoversi in uno spazio a quattro dimensioni è quindi un'esperienza di trasformazione, un superamento delle strutture che siamo abituati a concepire, una ridefinizione del nostro modo di percepire e abitare lo spazio. - Protesi tecnologiche "Chi è il soggetto che percepisce tutto questo? Qual è il ruolo del corpo e della percezione nel definire i limiti della nostra esperienza dello spazio?" L'uomo, così come gli animali, percepisce e si muove naturalmente in un mondo a tre dimensioni. Questo non significa che lo spazio tridimensionale sia una realtà oggettiva e universale, ma piuttosto che è il nostro corpo, con i suoi sensi e le sue capacità motorie, a determinarlo come racconto. Quindi, ciò che chiamiamo “realtà spaziale” è, in larga misura, il prodotto delle nostre capacità percettive e cognitive.
A questo punto sembra che ci troviamo di fronte a un limite oggettivo: l'uomo, per sua natura, è un essere a tre dimensioni e non a quattro. Ma è davvero così? Se consideriamo lo sviluppo tecnologico, ci rendiamo conto che l'essere umano ha sempre cercato di superare i propri limiti attraverso strumenti e protesi. Non parliamo solo di protesi fisiche, come gli strumenti che ampliano le capacità del corpo (dal microscopio al telescopio), ma anche di protesi cognitive, che estendono le nostre capacità di comprendere e manipolare il mondo.
Da questa prospettiva, la tecnologia non è solo un mezzo per migliorare la nostra interazione con l'ambiente, ma è anche un catalizzatore per mettere in crisi la nostra stessa percezione della realtà. Se nuove tecnologie ci permettono di immaginare e sperimentare dimensioni superiori o nuove forme di spazio e tempo, il problema non è solo fornire strumenti più potenti, ma anche affrontare le implicazioni filosofiche ed estetiche di queste trasformazioni.
Internet rappresenta una delle protesi tecnologiche più rivoluzionarie mai create. Grazie alle interfacce digitali, ai sistemi di navigazione in tempo reale e alle rappresentazioni virtuali sempre più avanzate, Internet non è solo un mezzo di comunicazione, ma un vero e proprio spazio moltiplicatore di realtà. Ci permette di aprire finestre simultanee su mondi lontanissimi, di attraversare diversi contesti in tempo reale e di sperimentare nuove forme di rappresentazione e interazione.
L’idea fondamentale è che, pur vivendo in un mondo tridimensionale, possiamo immaginare, comprendere e perfino progettare uno spazio a quattro dimensioni. Attraverso l’interattività digitale, possiamo percepire strutture spaziali che sfidano i limiti fisici della nostra esistenza, suggerendo un’evoluzione nel modo in cui concepiamo e plasmiamo lo spazio.
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